A novembre la pandemia ha impresso un secondo shock all’economia lombarda, arrestando la vivace ripresa in atto dai mesi estivi. L’impatto è più contenuto rispetto al crollo vertiginoso di aprile, ma comunque capace di gelare la fiducia di imprese e consumatori. Inoltre, il quadro a livello provinciale evidenzia alcune differenze rilevanti, prevalentemente connesse alle specializzazioni settoriali dei territori e alla diffusione dei contagi. Questo è quanto emerge dal recente Booklet di Assolombarda
Questa sintesi parte dunque dall’estate. L’intonazione è positiva perché sono i mesi del rimbalzo del manifatturiero lombardo, trainato in particolare dai mercati esteri come testimoniano i dati delle esportazioni che tra luglio e settembre recuperano sensibilmente dopo la caduta nel lockdown della primavera, ma che nonostante il rimbalzo rimangono inferiori del -7,9% nel trimestre rispetto al 2019. Considerando nel complesso i primi nove mesi del 2020, la contrazione dell’export è ingente per le imprese lombarde, -13,4% su base annua, ossia 13 miliardi di fatturato estero persi a causa della pandemia: automotive (-23,9%) e moda (-20,8%) i settori con i cali più intensi, ma sulla performance regionale pesa anche il contributo negativo di meccanica (-16,4%) e metalli (-17,3%); positivi invece farmaceutica (+13,4%) e anche alimentare (+0,7%), filiere essenziali che hanno intensificato l’attività per effetto della pandemia. Rispetto al dato medio regionale, la flessione è più contenuta per Monza e Brianza (-10,2%, pari a una perdita di esportazioni di -730 milioni di euro) e soprattutto Lodi (-8,1%, -208 milioni), più ampia per Pavia (-13,9%, -418 milioni) e Milano (-13,8%, -5 miliardi).
Poi la ‘seconda ondata’ dei contagi ha determinato un nuovo stop all’economia. Rallentano da fine ottobre e con maggior vigore da inizio novembre gli indicatori che approssimano l’andamento dell’attività e degli scambi aziendali: il traffico di veicoli pesanti sulle tangenziali milanesi flette del -4% a fine ottobre e in modo più consistente del -9% a fine novembre e nella media di novembre si riducono del -4% i consumi di energia elettrica in Lombardia. Diminuiscono anche gli spostamenti delle persone: il traffico dei veicoli leggeri crolla nelle prime tre settimane di novembre di oltre il -50% rispetto al 2019 dopo essere tornato intorno al -15% tra settembre e inizio ottobre; gli ingressi delle auto in Area C nel Comune di Milano scendono a novembre del -34% rispetto al pre Covid dopo contrazioni inferiori al -10% nei due mesi precedenti. Così, la mobilità complessiva delle persone torna in area negativa rispetto all’avvio di quest’anno, soprattutto a Milano (-11%) e Monza e Brianza (-9%) più sotto pressione dall’emergenza sanitaria (-4% nella media lombarda il 27 novembre) ma anche a Lodi (-1%), mentre torna a crescere a Pavia (+3%). Su questa dinamica di mobilità ridotta incide anche la maggiore diffusione dello smart working. Difatti, l’ultima indagine di Assolombarda che ha coinvolto 1100 associate manifatturiere e del terziario rileva che a fine novembre il 72% delle imprese di Milano, Lodi, Monza Brianza e Pavia fa ricorso al lavoro da remoto e tale modalità di lavoro coinvolge una quota significativa di lavoratori, pari al 49% dei dipendenti del panel. La percentuale di smart worker era similare nella rilevazione condotta a metà settembre (50%), ma oggi la quota di coloro che ricorrevano allo smart working solo parzialmente si è ridotta (al 10% nella rilevazione di novembre), a favore di un’attività prevalentemente o esclusivamente da remoto (rispettivamente, per il 24% e il 15% dei lavoratori del panel).
Nel valutare l’impatto della seconda fase della pandemia, oltre alle differenti vocazioni produttive che incidono sulle performance locali, un aspetto da considerazione sono le possibili criticità lato offerta in funzione della diffusione dei contagi. Dalla survey di Assolombarda emerge infatti una situazione più complessa nei territori di Monza e Brianza, con il 56% delle imprese che a fine novembre registra assenze tra i dipendenti per motivi legati al Covid, e Milano (53%), ma anche a Pavia (48%) e, in misura minore, a Lodi (31%). Soprattutto, a Monza e Brianza una impresa su cinque registra un impatto ‘significativo’ sull’attività a causa di queste assenze, rispetto a un più contenuto 8% a Milano e Pavia e a un impatto per lo più ‘trascurabile’ a Lodi.
Inoltre, in Lombardia ad ottobre le ore autorizzate di CIG tornano a salire a 72 milioni (+71% rispetto a settembre), dopo il progressivo riassorbimento che era seguito all’esplosione di aprile. Tra i territori, l’aumento è più accentuato a Milano e Monza Brianza (con un raddoppio delle ore da 21,3 milioni di settembre a 42,6 milioni di ottobre) e minore a Pavia (da 0,8 a 1,2 milioni), mentre Lodi registra ancora un calo (da 700 mila a 600 mila ore) pur confermandosi su livelli consistenti. Nel mercato del lavoro lombardo, tensioni sono anche rintracciabili nei 107 mila occupati in meno rilevati da Istat nel terzo trimestre 2020 rispetto allo stresso trimestre 2019 e nella salita del tasso di disoccupazione al 6,0% (dal 5,1%).
Infine, sulle prospettive per la fine del 2020 e l’avvio del 2021 pesa il forte deterioramento del clima di fiducia delle imprese e delle famiglie. Nel Nord Ovest, a novembre la fiducia delle imprese torna a scendere considerevolmente nel manifatturiero (-5 punti percentuali rispetto ad ottobre) e ancor più profondamente nei servizi (-11 punti percentuali), con le aspettative a tre/quattro mesi sulla domanda in netto ridimensionamento, sia sul fronte interno sia su quello estero. Anche se i livelli sono migliori che nel primo shock della pandemia, i valori dell’indice di novembre sono comparabili ai minimi della crisi del 2009 per i servizi e a quella del 2012 per il manifatturiero. Per quanto attiene ai consumatori, la situazione emergenziale influisce soprattutto sul clima economico del Paese e sul clima futuro.