Sei su dieci si aspettano conseguenze, resta un terzo di ottimisti sul timore che l’emergenza Coronavirus possa incidere sul business dell’impresa in Cina. Fino ad ora non ci sono avvisaglie o contraccolpi negli affari per quasi la metà, ma circa la metà ha già avuto alcune conseguenze limitate. Le informazioni sul virus sono chiare e spesso dirette per uno su tre ma per sei su dieci è ancora presto e bisogna aspettare per capire meglio le conseguenze. Uno su sei ha fonti dirette dalla Cina con cui segue questi aggiornamenti.Circa la metà, se la situazione fosse prolungata, potrebbe avere una riduzione del suo business estero. Lo rileva un’indagine di Promos Italia, l’agenzia nazionale delle Camere di commercio per l’internazionalizzazione, insieme ai numeri della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi su oltre 200 imprese già attive sui mercati esteri sentite a gennaio 2020.
“Dalla nostra indagine emerge che alcune conseguenze per il business delle nostre imprese in Cina sono già tangibili – spiega Alessandro Gelli, direttore di Promos Italia, l’agenzia nazionale delle Camere di commercio per l’internazionalizzazione – e che la preoccupazione per l’evoluzione degli affari nei prossimi mesi è alta. La maggioranza delle imprese intervistate, infatti, ritiene che, se la situazione non migliorerà, i rapporti economici con la Cina potranno ridursi. Detto ciò – prosegue Gelli – la maggior parte delle imprese ritiene che le informazioni ad oggi disponibili siano ancora troppo frammentarie e confuse per poter calcolare con chiarezza le ricadute che questa emergenza avrà sui loro affari nel breve-medio periodo, ma al contempo questa incertezza genera inevitabile preoccupazione”.
È di oltre 13 miliardi in nove mesi l’interscambio lombardo con la Cina sui 34 miliardi italiani – La Lombardia rappresenta infatti più di un terzo del totale nazionale (38,7%). L’import da solo vale circa 10 miliardi sui 24 nazionali (41%) e l’export 3 miliardi su 9 (33%). Le importazioni sono in crescita sia in Lombardia (+2,2%) che in Italia (+5,4%). In flessione l’export che consiste soprattutto in macchinari ma aumenta a livello regionale quello di prodotti alimentari (+8,6%), articoli farmaceutici (+5,5%) e abbigliamento (+4,2%) mentre a livello nazionale bene i prodotti farmaceutici (+11,8%) e i tessili (+5,2%). L’import lombardo privilegia l’elettronica (27,3% del totale), l’abbigliamento (12,6%) e gli apparecchi elettrici (11,2%), quello italiano il tessile (20%). Dopo la Lombardia le regioni più attive nell’interscambio sono Veneto ed Emilia Romagna (13% circa del totale) mentre Milano spicca tra le province con 6,4 miliardi di scambi (+3,6%, 4,7 di import e 1,7 di export). È seguita da Torino con 1,6 miliardi e da Lodi con 1,4 miliardi. Superano il miliardo anche Bologna, Bergamo, Napoli e Treviso. Tra le prime 20 anche le lombarde Monza Brianza, Brescia, Varese, Como e Mantova. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e di Promos Italia, la struttura del sistema camerale a supporto dell’internazionalizzazione su dati Istat a settembre 2019 e 2018.
Se ci sono intoppi nel business con la Cina è consigliabile la mediazione, la Camera di commercio ha un centro specializzato – Per incentivare, consolidare i rapporti tra imprese italiane e cinesi e, soptrattutto, per risolvere velocemente le controversie, evitando lentezze burocratiche e tenendo nel giusto conto le differenze culturali, è attivo dal 2005 il Centro ICBMC- Mediazione Italia Cina (Italy China Business Mediation Centre), un centro dalla doppia nazionalità, perché gestito per l’Italia dalla Camera Arbitrale di Milano e per la Cina dal Centro di mediazione del CCPIT di Pechino. Sono 100 le mediazioni fino ad oggi gestite tra imprese italiane e cinesi, in tempi rapidi, per controversie di diverso valore economico, da valori più bassi a fino ad arrivare a cause di 40 milioni. Il centro è un luogo neutrale in cui il mediatore, formato ad hoc, nella gestione di contenziosi commerciali italo-cinesi, aiuta le parti a dialogare, nella massima riservatezza.
Perché la mediazione con la Cina? Nei rapporti tra imprese italiane e cinesi è sempre consigliabile inserire una clausola che preveda in caso di liti il ricorso alla mediazione perché andare in giudizio in Italia o in Cina potrebbe non risolvere il problema. Potrebbe essere difficoltoso andare a chiedere l’esecuzione di una sentenza di un tribunale italiano o intentare una causa in una sperduta città cinese. Il ricorso alla mediazione, a differenza del giudizio davanti al giudice, serve a mantenere i buoni rapporti commerciali con le imprese e partner cinesi.
10mila aziende cinesi in Lombardia – Sono 10 mila le ditte con titolare dalla Cina in Lombardia, + 18% in cinque anni su 51 mila ditte in Italia, + 13%, secondo i dati della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi al terzo trimestre 2019. Prime per peso dei cinesi sul totale delle ditte individuali del territorio Prato (5mila su 16mila, 33%, +11% in cinque anni), Firenze (quasi 4mila su 51mila, 7,6%, +7% in cinque anni), Fermo (521 su 11 mila, 5%, +4% in cinque anni), Milano (5.662 su 124.142, 4,6%, stabili in un anno e + 21% in cinque anni), Rovigo (599 su 15.787, 3,8%, – 8,7% in cinque anni), Reggio Emilia (1013 su 27.629, 3,7%, +3,2% in cinque anni). Per Marco Accornero, membro di giunta della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi: “Le attività di imprenditori cinesi, per la maggior parte sono ditte individuali, sono in crescita in cinque anni, in molti casi si tratta di imprese specializzate in alcuni settori, tra cui i servizi alla persona. I prodotti e servizi spesso sono dedicati alla comunità di appartenenza e contribuiscono a creare proposte nuove di mercato per gli stessi italiani. Anche attraverso queste imprese, a Milano si creano rapporti con i paesi d’origine e nuove occasioni di business e culturali, in un trend europeo e internazionale. Purtroppo in questi giorni cresce l’allarme per l’emergenza del virus che si sta propagando dalla Cina. C’è un’elevata allerta, che però sta avendo un effetto non sempre giustificato sui comportamenti quotidiani. Si rischia infatti di vedere un impatto negativo sul business della componente cinese della nostra economia”.
Principali settori di specializzazione sono il manifatturiero con l’8% delle ditte individuali italiane gestite da cinesi, con un picco per Prato (78%) e a Milano un dato del 12%. Al secondo posto alloggio e ristorazione col 3,8% seguito dai cinesi e il picco di Prato col 35% e di Milano col 17%. Poi ci sono i servizi alla persona, come il parrucchiere col 3% sul totale italiano, col picco di Prato e di Milano col 12%. Nel commercio all’ingrosso pesano il 2% in Italia, il 17% a Prato, il 4% a Milano e Firenze. In Lombardia le imprese cinesi sono 10.316, + 18% in cinque anni e pesano il 2,6% sulle ditte individuali in regione, col dato di Milano a 4,6% (5.662 su 124.142, +21% in cinque anni). Per numero di impresa segue Brescia con 970, 1,7%, -3,5% in cinque anni, Mantova con 717, 3,3%, -5,9% in cinque anni, Bergamo con 714, 1,6%, +21,8%, Varese con 574, 1,9%, +22%, Monza con 557, 1,7%, +51%. Stabili in regione in un anno, crescono del 17,8% in cinque anni.