La recente intervista di Giordano Marchetti – che ha in sostanza detto che se un’apertura ci deve essere, deve essere a sinistra e non al centro – non ha certo raffreddato un dibattito politico che diventa sempre più bollente. Sul tema ci sembra interessante conoscere la posizione di Fabrizio De Luigi, esponente del mondo cattolico cernuschese ed ex Consigliere Comunale.
In vista delle prossime elezioni comunali, qual è il suo auspicio che si augura possa essere fatto proprio dalle forze politiche e civiche in campo?
“Per rispondere a questa domanda vorrei partire da una provocazione di Papa Francesco di qualche anno fa: ‘Per favore, non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi nell’ampio dialogo sociale e politico… Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli’. Osservando il panorama politico locale e non solo, quello che si vede è una crescente sfiducia verso la politica alimentata dalle problematiche dentro e fuori i partiti, dai giochi di potere che spesso si verificano anche nel nostro contesto locale, dalla difficoltà di dialogare tra le varie for- ze in campo perché l’altro è visto come il nemico da abbattere.
Ecco tutto questo deve farci riflettere. In un clima di antipolitica il metodo con cui viene costruita la proposta è fondamentale. E’ necessario, perciò, lavorare insieme sulle proposte partendo dal bisogno della Persona. Quindi, chi si candida alle prossime elezioni, può farlo per ritagliarsi la sua piccola fetta di potere alimentando così questo senso di sfiducia e questa stanchezza della libertà… Oppure ha la possibilità di partire dalla provocazione del Papa mostrando che è possibile ricercare il bene comune attraverso il dialogo, il confronto e l’incontro, testimoniando che la politica è al servizio del Bene”.
Ci sono idee inserite nel programma della compagine civica in cui si era candidato nel 2017 che possono essere ancora attuali e quindi essere rilanciate nell’imminente campagna elettorale?
“Nel 2017, quando abbiamo iniziato il lavoro, ci eravamo posti innanzitutto delle domande. Che cosa ci interessa per la nostra città? Che contributo possiamo dare? A queste domande potevamo rispondere sostenendo le solite cose da campagna elettorale: la solidarietà, la partecipazione, la famiglia, la sicurezza, la pulizia… Tutte cose giuste, ma che spesso rischiano di rimanere astratte e senza approfondirle diventano anche noiose. Chi si candida deve domandarsi che cosa vuol dire nel concreto una città più bella, più vivibile, più giusta. E’ importante non far cadere queste provocazioni, altrimenti si diventa scontati e astratti e quindi poco credibili. E’ necessario studiare, ricercare esempi virtuosi.
Fatta questa premessa, tutte le nostre proposte erano ispirate dal principio di sussidiarietà. Ovvero una politica che pone ogni decisione al livello più vicino al cittadino, che riconosce il primato della Persona e della Famiglia come soggetti protagonisti per lo sviluppo della nostra comunità. La Famiglia genera, accoglie, educa, lavora… La Famiglia è il centro. In funzione del bene della persona e della famiglia, avevamo pensato a tutto, a partire dai servizi, alla scuola, al territorio… Allora, chi si candida ad amministrare deve valorizzare questo primato, deve liberare questa vitalità che nasce dal desiderio di bene dell’uomo e la politica deve sostenere questa vitalità. Io ripartirei da questo metodo e da questa concezione per costruire le proposte da mettere sul tavolo. In quest’ottica, con un gruppo di amici accomunati da questa passione, stiamo provando a rifare questo percorso per riuscire a costruire uno spazio di dialogo che poi potrebbe sfociare in una proposta di candidatura nel mondo civico”.
Possiamo sintetizzare la politica locale in questi cinque anni nel pragmatismo di Ermanno Zacchetti (e di parte del PD) contrapposto alla politica dei veti di Vivere Cernusco?
“Le parole chiave che dovrebbero guidare il lavoro di chi amministra devono essere: rischio, libertà, e responsabilità. Rischio perché la politica è chiamata a governare e non ad amministrare e per fare questo deve rischiare fino in fondo una sua proposta scommettendo sulla libertà e sulla vitalità dei cittadini. No alla politica del vincolo, del pregiudizio e della diffidenza, occorre una politica che educa alla responsabilità. Il cittadino non è per sua natura uno speculatore, un furbetto da controllare a priori. Al contrario, è un soggetto che responsabilmente può partecipare alla costruzione del bene comune. E la politica deve rischiare su questa vitalità dimostrando di saper governare le situazioni. Infine, la libertà di scelta dei cittadini che genera una sana competitività che incide sul- l’aumento della qualità dei servizi.
Nei cinque anni di Zacchetti si è intravista questa posizione ma, in alcuni casi, le contrapposizioni sono state ideologiche e quindi hanno bloccato iniziative importanti per la città. Penso al PGT, alla variante di via Cevedale, al project financing dell’Enjoy. Le divergenze ci possono stare, ma non devono essere ideologiche per difendere la propria fetta di potere: al contrario, devono diventare opportunità di confronto e di dialogo per il bene della città”.