lunedì, Novembre 25, 2024
E’ bella la Scuola per chi cammina insieme: l’Istituto l’Aurora festeggia 40 anni

Dopo due anni di reclusione e di distanza forzata, la festa dei 40 anni dell’Aurora-Bachelet ha mostrato come può fiorire il deserto. Quel piccolo seme gettato con ingenua baldanza quarant’anni fa da un gruppo di genitori che ha voluto rischiare l’educazione dei figli nella scuola libera, è ora un’opera educativa straordinaria carica di vita e libertà, dove alunni, docenti, genitori e collaboratori riscoprono la propria umanità stando insieme. E da questo trasversale incontro è nata l’idea di imbandire tre giorni di festa dove i protagonisti di questa storia, attraverso cultura, musica, sport, giochi e food potessero esprimere pubblicamente la gioia di un’amicizia. Vittorio Bachelet, omonimo nipote del noto giurista assassinato dalle Brigate Rosse nel 1980, in un commovente incontro conduce immediatamente alla serietà della proposta educativa, delineando il profilo del nonno, a cui è intitolata la scuola, descrivendolo come un uomo carico di ottimismo, sincerità, giustizia e forza nella fede, fino a rifiutare la scorta per non mettere a rischio la vita degli altri.

Si unisce il ricordo della ex preside degli albori Mimma Bacuzzi, che racconta il momento in cui si è trovata a proporre di intitolare la scuola a Bachelet: “Nasceva soprattutto in noi la consapevolezza che per essere maestri dovevamo anche essere dei testimoni, degli adulti che prendevano sul serio la vita. E mi è venuto in mente il nome di Bachelet, un maestro di umanità, capace di ascoltare, guidare, testimoniare, fino a dare la vita”. Non a caso alla bellissima mostra a lui dedicata è stato dato il titolo “Il seme buono”. Il Rettore Simona Albertazzi mette in luce un’altra figura chiave per comprendere l’ispirazione educativa della scuola: don Luigi Giussani. Il teologo brianzolo, con la sua inesauribile vitalità, ha sempre rifuggito la censura delle domande dei giovani sul significato della vita, sostenendo che sia fondamentale consegnare ai ragazzi la bellezza di un senso rischiando una proposta: “Non sono qui perché voi riteniate vere le idee che vi do, ma per insegnarvi un metodo vero per giudicare le cose che vi dirò”. E questo metodo emerge nelle mostre allestite dai ragazzi, sin dai primi anni delle elementari, con i tracciati storici e scientifici, fino alla ricca mostra fotografica; per passare poi ai percorsi linguistici, artistici e umanistici della scuola media, con una creatività che prende sempre spunto dallo sguardo con cui i ragazzi hanno osservato la realtà grazie al metodo offerto dagli insegnanti, con cui è emerso un vero rapporto di amicizia, tanto da costituirsi persino una strepitosa rock band di docenti e studenti, assaliti da orde di fans.

E la musica è una priorità all’Aurora-Bachelet, in quanto espressione privilegiata di bellezza: dal coro di Istituto alle band indipendenti, anche di genitori, fino al coronamento di una serata intitolata non a caso “La bellezza che allarga il cuore”, guida all’ascolto con concerto in La maggiore di Dvorák, in un excursus tra vita dell’autore, storia del romanticismo e tecnica musicale, dove spicca lo spirito descritto da don Giussani: “Dvorák è uno spirito attento principalmente all’esperienza”. E in effetti tutto torna, se anche il Cardinal Angelo Scola, intervenuto a commemorare i 40 anni dell’Istituto, esorta a vivere l’educazione come rapporto con la realtà nella sua totalità, approfondendo tutte le caratteristiche costitutive dell’io attraverso la comunicazione del senso per cui si vive, cioè facendone esperienza. Ed è un’esperienza viva e palpabile quella che si è potuta toccare in questi tre giorni. Al centro di tutto l’amicizia in azione dei giovanissimi volontari della scuola che hanno instancabilmente servito salamelle e hot dog, guidati da persone adulte certe che quello stare insieme approfondisse la loro umanità e quella dei loro adolescenti. Per dirla con Michele di seconda media: “E’ stata una delle esperienze più belle della mia vita, perché, dopo mesi passati a costruire un rapporto coi miei compagni, ho potuto essere me stesso con loro, divertendomi”.

Silvia Motta

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