Durante la pandemia lo smart working era esploso impattando fortemente sui flussi di entrata a Milano e creando gravi difficoltà a molte imprese commerciali. Oggi, nel terziario, continua ad essere adottato, ma con un utilizzo ridotto di giornate e soprattutto da imprese con determinate caratteristiche e strutture organizzative. È quanto emerge da un sondaggio effettuato da Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza.
Entrando nel dettaglio della ricerca si scopre che il 52% delle imprese utilizza lo smart working (quasi la metà appartiene al comparto dei servizi alle imprese), soprattutto per due o tre giorni (52%) a settimana. Il 59% ha cominciato ad applicarlo durante il Covid, con l’obiettivo in particolar modo per migliorare il rapporto tra vita privata e di lavoro (il 37%). E poi per ridurre i costi (14%), incrementare la produttività e attrarre/trattenere talenti (entrambe al 13%). Sempre il tema della produttività – ma al negativo – emerge, invece, come prima causa d’interruzione d’utilizzo fra le imprese (il 42% di chi ora non usa lo smart working) che dopo il periodo del Covid hanno scelto di non proseguire l’esperienza dello smart working. Seguono le difficoltà procedurali (22%) e a mancanza d’interesse (16%).
Esiste comunque un’ampia fascia di imprese (28%) che lo smart working non lo ha mai adottato (in particolare attività al dettaglio non alimentare e attività di ristorazione) e il motivo di gran lunga prevalente (65%) è semplice: il tipo di attività non è predisposto per lo smart working.
In generale, comunque, le aziende ritengono che la produttività dei dipendenti in smart working è maggiore (34%) o uguale (35%) rispetto al lavoro tradizionale. Gli aspetti più critici sono il gap di relazione umana (44%), la difficoltà nel separare il lavoro dal tempo libero (23%) e la difficoltà nel saper gestire il lavoro (22%). In futuro il 36% vi farà ricorso assiduamente, il 30% solo occasionalmente il 30% e il 34% non lo farà..
“Dai dati emerge chiaramente come lo smart working venga ora applicato con attenzione e non in modo indiscriminato come durante il periodo Covid. E anche la durata settimanale – osserva Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza – è circoscritta. Oggi lo smart working viene adottato soprattutto dalle attività di servizi alle imprese che hanno individuato un loro assetto organizzativo post-pandemia.
Sul fronte del lavoro – prosegue Barbieri – Milano sta trovando un maggiore equilibrio, evitando gli effetti distorti provocati dall’emergenza pandemica. Con l’adozione massiccia dello smart working si erano create, infatti, pesanti ripercussioni sulle attività di tante imprese commerciali, in particolare quelle della ristorazione (la pausa pranzo incide per oltre il 20% del fatturato).