Il tasso di occupazione in Lombardia raggiunge finalmente i livelli precrisi eguagliando lo stesso risultato già ottenuto dalla sola Milano nel 2016 e nel 2017. Però, lo squilibrio generazionale resta consistente: rispetto a 9 anni fa – al netto del naturale andamento demografico, che vede sempre più anziani e sempre meno giovani anche tra la popolazione – ci sono 74.000 occupati in meno sotto i 45 anni e 63.000 occupati in più oltre quell’età. Dal fronte giovani, comunque, anche qualche notizia positiva: ad esempio nel 2017 la fascia 15-24 anni vede scendere il tasso di disoccupazione di 7 punti passando dal 29,9% al 22,9%. Questo è il quadro emerso dal 12° rapporto “Il lavoro a Milano”, realizzato da Assolombarda, CGIL, CISL, UIL. Da registrare che la crescita dell’ultimo anno è stata trainata dall’occupazione a tempo determinato: +12,3%. La quota di occupati lombardi a tempo indeterminato sul totale dei dipendenti, che è rimasta sostanzialmente stabile per tutta durata della crisi intorno al 90%, nel 2017 è scesa all’88,7%. Comunque, guardando ai livelli del 2008, il numero degli occupati è cresciuto: +125mila nella regione e +90mila a Milano. La Lombardia, quindi, ha superato del 3% il numero di occupati del precrisi e Milano è ormai prossima al +5%, mentre l’Italia nel 2017 si trova ancora in negativo (-0,3%). Per capire come si sta muovendo il mercato del lavoro in Lombardia è utile anche precisare che oltre il 90% dei +125mila occupati sono donne e che sono i lavoratori più scolarizzati ad aumentare a scapito di quelli con basso titolo di studio. Basti pensare che quelli con la sola licenza media in Lombardia sono 231mila in meno rispetto a nove anni fa, mentre i lavoratori diplomati sono cresciuti di 76mila unità e i laureati di 281mila.
“L’indagine presenta un quadro del 2017 complessivamente positivo che vede crescere il numero di imprese sul territorio, +1,4% a Milano e +0,5% a Monza, e il numero di occupati: + 37mila rispetto all’anno precedente – afferma Mauro Chiassarini, Vicepresidente di Assolombarda alle Politiche del Lavoro, Sicurezza e Welfare –. Riscontriamo che il numero delle aziende manifatturiere ha avuto una leggera flessione (-0,5 a Milano, Monza Brianza e Lodi, -0,9% in Italia), compensata da una diffusa crescita dei servizi, e che l’occupazione è stata trainata dal lavoro a tempo determinato. Altro tema caldo quello dei giovani: il tasso di disoccupazione giovanile è finalmente sceso di 7 punti ma non è bastato a colmare lo squilibrio generazionale, che continua a costituire una criticità. Oggi il tema della formazione è centrale, in particolare alla luce delle nuove competenze richieste dalla trasformazione digitale e da industria 4.0. In questa direzione da tempo, insieme con CGIL, CISL e UIL, promuoviamo un’azione comune, certi del fatto che il sistema educativo e quello delle imprese debbano collaborare sempre di più e giocare un ruolo di primo piano nella formazione dei giovani”. Continua comunque a preoccupare il fenomeno dei Neet, i ragazzi che non studiano e non lavorano, che restano un numero rilevante anche se sono passati dal 15% al 14,2% in Lombardia, sul totale dei giovani. Per capire: in Lombardia la popolazione tra i 15 e i 24 anni è di 924.000 persone, di queste 587.000 sono studenti e 197.000 hanno un lavoro: le rimanenti 140mila vivono ai margini del mercato del lavoro, tra Neet (130mila) e disoccupati, che non rientrano tra i Neet perché impegnati in corsi di formazione (poco meno di 10mila).
“Si tratta di dati contrastanti perché migliora ad esempio il saldo degli occupati rispetto al periodo precedente la crisi economica, ma a crescere è l’occupazione a tempo determinato, spesso con contratti part time – spiega Antonio Albrizio, Segretario UIL Milano Lombardia –. Preoccupa poi il persistere della disoccupazione giovanile, visto il calo di occupati under 45. Siamo insomma davvero molto lontani da dati strutturati che ci possano far parlare di un’effettiva ripresa del mercato del lavoro sul nostro territorio, considerando anche che alla fine del 2017 sono scaduti bonus e sgravi fiscali, i cui effetti si vedranno solo nel 2018. Grandissima attenzione infine deve essere posta sul tema della sicurezza sul lavoro, visti i trend non positivi e gli accadimenti drammatici che hanno recentemente colpito Milano e la Lombardia“.
Va rinnovata l’attenzione sul fronte infortuni. Nel 2016 – dopo 6 anni di calo ininterrotto – sono rimasti invariati rispetto al 2015 e per il 2017 potrebbero registrare un aumento nell’ordine del +2,2%. Da sottolineare tuttavia che circa il 45% degli infortuni di lavoro avviene al di fuori dell’azienda (“in itinere” – ovvero durante gli spostamenti casa-lavoro o lavoro-luogo di consumazione dei pasti – o in occasione di un lavoro che si svolge utilizzando un mezzo di trasporto). “Questo preoccupa da più punti di vista, innanzitutto per quanto riguarda gli infortuni, mortali e non, infatti, l’aumento degli occupati ha generato un plus di carichi di lavoro, sfiorando soltanto quel passo in avanti di tecnologie innovative che ci si aspetta da un territorio come il nostro – spiega Massimo Bonini, Segretario Generale CGIL – Camera del Lavoro Metropolitana di Milano –. Questo rischio aumenta anche da un punto di vista occupazionale se – nel fare formazione – si escludono i profili più deboli. L’analisi dei fabbisogni formativi segnala una divaricazione tra i diversi orientamenti innovativi e le conseguenti diseguaglianze che si determinano tra imprese e tra lavoratori della stessa impresa. Serve un impegno deciso e costante nel qualificare il lavoro e il contenuto professionale necessario nel nuovo paradigma di impresa 4.0”.
Nel rapporto viene anche descritto come le nuove tecnologie stanno rivoluzionando il lavoro. Secondo l’Osservatorio sullo smartworking del Politecnico di Milano sono il 43% le aziende con almeno 250 dipendenti che offrono questa opportunità; nelle PMI invece la percentuale si dimezza. Lo studio si è concentrato anche sui processi formativi legati alla certificazione regionale delle competenze per analizzare come hanno assecondato il processo di diffusione di Industria 4.0 nel territorio. Risulta essere aumentato l’investimento sul rafforzamento delle competenze richieste dalle nuove frontiere tecnologiche. Come ha sottolineato nel suo intervento Marco Taisch, professore ordinario della School of Management Manufacturing Group del Politecnico di Milano, la formazione dei lavoratori è uno dei punti cardine della rivoluzione di Industria 4.0 in particolare per lo sviluppo dei big data, vera leva di crescita della produttività oltre alle innovazioni tecnologiche.
“Come Cisl, nel libro «È il futuro bellezza. I giovani e la sfida del lavoro» (Edizioni Lavoro), abbiamo tracciato i temi che emergono nel Rapporto: Smartworking, Millennials, Neet – commenta Danilo Galvagni, Segretario Generale CISL Milano Metropoli –. Questa edizione dedica attenzione agli aspetti delle competenze richieste e dei cambiamenti nell’organizzazione del lavoro generati dalle nuove tecnologie e dalla digitalizzazione. Temi strategici, tanto che nel 2015 nel sindacato abbiamo creato il Dipartimento Innovazione, con la convinzione che anche nel modo di contrattare serva innovazione di processo, così come nel concepire il welfare e i luoghi di lavoro, gli orari e i percorsi formativi. I dati sul segmento di chi non studia né lavora devono interrogare la politica sulle scelte compiute rispetto agli altri Paesi europei: si pensi al caso Garanzia Giovani, uno strumento che avrebbe dovuto sostenere la ricerca di lavoro dei Neet e, invece, ha messo in competizione tra loro i giovani, senza ottenere risultati significativi. Invito le imprese ad assumere i giovani con contratti veri e non con stage, per motivarne lo status sociale, dare supporto psicologico, riattivare la sicurezza dei mercati: vedremo poi insieme come non aggravare economicamente le aziende in difficoltà. Contrattiamo insieme il Paese che vogliamo“.
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