In merito ai dati congiunturali dell’Artigianato del primo trimestre del 2018, riportiamo l’intervento del Presidente Claai – Unione Artigiani, stefano Fugazza, a nome di tutte le rappresentanze artigiane, in occasione della Presentazione Analisi Congiunturale Artigianato, avvenuta il 10 maggio nella sede di Unioncamere.
“I dati congiunturali del primo trimestre 2018 che siamo chiamati a commentare presentano, anche per l’artigianato, una situazione ancora positiva, benchè si assista a un rallentamento complessivo di produzione, fatturato e ordinativi rispetto alla straordinaria chiusura del 2017. I prossimi mesi ci diranno se la ripresa innescata da almeno un semestre sia realmente strutturale e se le imprese potranno contare su una continuità che sarà determinante per consolidare quel processo di crescita che ci consenta di recuperare dai lunghi anni bui della crisi che ha imperversato sulle nostre imprese dal 2008. Su base annua la produzione artigiana segna infatti un +2,2%, il fatturato un +2,4% mentre gli ordinativi interni spiccano per una crescita del +2,7%; si ridimensionano gli ordinativi esteri al +1%. Il rallentamento della dinamica internazionale delle imprese artigiane è segnale che desta preoccupazione.
In questo ambito è opportuno che le iniziative a sostegno della internazionalizzazione siano effettivamente accessibili alle micro e piccole imprese. Troppo spesso i bandi dedicati a favorire l’accesso delle imprese ai mercati esteri sono di fatto impraticabili per le imprese artigiane a causa della loro complessità e per le condizioni poste per la partecipazione. L’andamento dell’occupazione registra un tasso di ingresso in forte crescita, +2,8%, che genera un saldo positivo particolarmente incoraggiante del +1,2% e che probabilmente segnala un aumento della fiducia negli imprenditori artigiani lombardi circa il futuro dell’economia. Il commento alla fotografia scattata di trimestre in trimestre all’andamento del sistema produttivo regionale, ci consente però anche di riflettere e analizzare alcuni profondi mutamenti in atto nel dedalo di settori che fanno dell’artigianato lombardo un mosaico particolarmente eterogeneo e affascinante.
Secondo la Camera di Commercio di Milano, Lodi e Monza-Brianza, in Lombardia assistiamo a una impennata di imprenditori artigiani di origine straniera, che in un anno crescono del 2,5%, pari a 44630 ditte, più di mille in soli dodici mesi. Di contro, riscontriamo un dato particolarmente critico e cioè le imprese con a capo un under30 che crollano del 6%, pari a ben 1500 aziende in meno dal 2017. Erano 25057, sono oggi 23561. Si tratta pertanto di una medaglia a due facce. Da un lato, non possiamo che cogliere positivamente il forte attivismo degli stranieri in tanti settori artigiani che offrono spazi lasciati liberi dagli italiani. Mestieri che altrimenti andrebbero persi, vengono mantenuti in vita, consentendo di proseguire ad offrire prodotti e servizi che evidentemente il mercato richiede, in comparti che i nostri giovani non intendono più presidiare. Certo, vengono però messe in crisi quelle fondamenta tipiche del “made in Italy” che si poggiano su una cultura del fare e del bello tutto italiano che il mondo spesso ci invidia e su questo è opportuno intervenire.
Di contro, la caduta dell’imprenditoria artigiana giovanile non può non farci riflettere su come sia doveroso ripensare ai modelli formativi favorendo l’inserimento dei giovani nelle imprese con l’apprendistato e l’alternanza scuola-lavoro. Fare l’artigiano, il piccolo imprenditore, impone sacrifici che probabilmente – nonostante le condizioni del Paese – spingono a testarlo a non considerare, anche a causa di condizionamenti culturali, l’artigiano come ad un professore appagante. Il quadro positivo dei numeri che Unioncamere presenta è perciò mitigato, per l’artigianato, soprattutto da una preoccupazione per le nuove generazioni di artigiani, in settori che da secoli si basano sul passaggio generazionale di attività, di conoscenze, di tradizioni, di cultura. Una grave perdita non solo sotto il profilo strettamente economico, ma anche sociale e culturale che il Paese rischia di pagare a caro prezzo senza politiche di sostegno concreto alle imprese e che l’impasse di questi mesi per la nascita del nuovo Governo sembra drammaticamente confermare. Rilanciare la cultura e l’imprenditoria artigiana passando anche quindi dal sostegno della formazione professionale e dall’agevolare l’accesso al credito, particolarmente arduo per le start up”.
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