martedì, Gennaio 7, 2025

Lui guardava il lago dall’imbarcadero: nell’aria sentiva il solito profumo di primavera e nafta. Il lago mette sempre malinconia, ma lui quel giorno era contento. Faceva il responsabile del magazzino di un piccolo ospedale ed era appena uscito dallo studio di una dietologa: non che ne avesse bisogno, ma era uno di quei 50enni che non si rassegnano alla pancetta, che vogliono che il loro fisico sia quello scolpito di quando facevano l’alba in discoteca a colpi di margarita.

Dalla dietologa aveva sentito chiamare un cognome e gli si era gelato il sangue: era il cognome che aveva
sentito pronunciare nel suo ospedale qualche mese prima, quello di una 57enne di 140 kg ricoverata con il
Covid con tanto di C-PAP in testa. Dal reparto lo chiamavano tutti i giorni: “Abbiamo bisogno di un sacco di
grandi dimensioni, la paziente non ce la fa a tenere il casco”.

In quell’ospedale non c’era la terapia intensiva e se la paziente non ce l’avesse fatta con il casco, le
sarebbe rimasto solo il sacco. Lui chiamava tutti i giorni la direzione dell’ASST, ma di sacchi così grandi non ce
n’erano. Poi non seppe più niente e lui non ebbe il coraggio di chiedere altro.

Fino a quel giorno di maggio dalla dietologa. Lui voleva dirle quanto era stata vicina a finire in un sacco, ma poi preferì uscire a fissare il lago. Quel giorno non gli avrebbe messo malinconia.

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