Quasi due anni di pandemia e di relativa infodemia, per la quale non ci sono cure, né vaccini. Sarebbe bello, quando
tutto sarà finito, studiare il ruolo dei media durante l’emergenza: un ruolo di manipolazione lucida e continua, figlia di un disegno ben preciso.
Nei primi mesi, il tiro al bersaglio contro la Lombardia, basato su dati slegati dal contesto, buttati lì con titoli sensazionalistici, unito al clima di terrore (le interviste allucinate ai medici in guerra negli ospedali da campo) con l’assioma “se state in casa, andrà tutto bene”. Finita la retorica dei balconi, è iniziata quella degli spritz con il “virus clinicamente morto” e l’invito a godersi l’estate.
In autunno, però, la nuova sterzata: da un lato la colpevolizzazione vigliacca dei comportamenti estivi, dall’altro il ritorno al clima di terrore per la seconda ondata con le storie delle vite spezzate (meglio se giovani perché più notiziabili) e l’anatema dei virologi sull’onda del “il peggio deve ancora venire”.
Dalla primavera 2021, il clima rassicurante grazie all’arrivo di Draghi e all’avvio della campagna vaccinale. Inizia il muro contro muro tra Governo e No Green Pass, che si gioca soprattutto sui media: quelli istituzionali – che per spaventare gli Italiani prima dicevano che ogni morto era morto di Covid – adesso evidenziano solo le vittime
non vaccinate; per i No Vax, invece, ogni morte naturale che non ha una spiegazione, è colpa del vaccino. E noi in mezzo, consapevoli che per l’infezione da manipolazione mediatica non c’è Remdesivir che tenga.